Paolo Iacchetti. Caso e Astrazione : in occasione della manifestazione MECCANICHE DELLA MERAVIGLIA 14

MO.CA Centro per le nuove Culture, Brescia, 12 Settembre - 11 Ottobre 2020 
free entrance Martedì - Sabato: 15.00 – 19.00 | Domenica 10.00 – 19.00 Lunedì chiuso https://www.facebook.com/meccanichedellameraviglia.exhibition/

MECCANICHE DELLA MERAVIGLIA 14

Da un’idea di e con la regia di Albano Morandi

 

Artisti: Filippo Centenari, Giulio De Mitri, Arthur Duff, Andrea Francolino, Paolo Iacchetti, Rob Mazurek, Giovanni Oberti, Lucia Pescador

 

Mostre a cura di Alessia Belotti, Ilaria Bignotti, Elena Di Raddo, Mariacristina Maccarinelli, Melania Raimondi, Camilla Remondina, Bianca Trevisan

 

La quattordicesima edizione di Meccaniche della Meraviglia, manifestazione culturale con la regia di Albano Morandi, coinvolge otto artisti di fama nazionale ed internazionale, chiamandoli ad intervenire con installazioni e opere site-specific in diversi spazi della città di Brescia e del comune di Puegnago del Garda.

Otto interventi che hanno la dimensione del solo show, caratterizzati dal comune principio di voler intervenire nello spazio in stretta relazione con le sue emergenze e caratteristiche, nel tentativo di esaltarne le peculiarità e la meravigliante identità e facendone anche risaltare aspetti nascosti eppure identitari.

È questo infatti il filo rosso che unisce, nel loro susseguirsi, tutte le edizioni di Meccaniche della Meraviglia, un progetto che sin dal titolo evidenzia la capacità dell’artista di innescare meccanismi ed ingranaggi attivatori dello sguardo e della sensibilità del riguardante: ne consegue quella meraviglia che è stupore e immersione, sorpresa e scoperta, ma anche messa in crisi radicale dell’abitudine ad una modalità fruitiva rapida e superficiale dello spazio e delle cose.

In questo senso Meccaniche della Meraviglia, come spiega il suo ideatore e direttore, Albano Morandi, “nasce dalla sistematica volontà di presentare sempre e comunque un prodotto artistico che ponga nello stupore il modo per attirare l’attenzione dello spettatore, una maniera nuova ed intelligente per definire un proprio senso di visibilità delle cose. […] Situata fra lo sguardo già codificato e la conoscenza riflessiva, esiste una regione mediana che offre l’ordine nel suo essere stesso: potremmo chiamarla regione dell’evidenza evidente. Dove ci si può muovere senza tenere conto delle sovrastrutture che le culture hanno assegnato alle cose, alle parole, alle immagini”.

I linguaggi visuali selezionati per questa edizione di Meccaniche della Meraviglia sono fortemente legati alla svolta epocale che stiamo attraversando, infatti paiono riflettere sui temi della solitudine e dell’isolamento, della frattura e della rigenerazione, del bisogno di dialogo e confronto, empatia e condivisione, intessendo con gli spazi che li accolgono uno scambio fertile e profondo e chiedendo al pubblico un percorso contemplativo ed immersivo.

Il buio, il silenzio, la stasi e l’immobilità nella quale siamo stati confinati sono i temi sui quali intervengono gli artisti Giulio De Mitri (Taranto, 1952), Arthur Duff (Wiesbaden, 1973) e Filippo Centenari (Cremona, 1978), a ciascuno dei quali è affidata una sala che affaccia sul chiostro del Museo Diocesano di Brescia: la luce, nelle sue declinazioni di visualizzazione, decontestualizzazione, intervento e ridisegno dell’ambiente, è al centro della loro indagine che in De Mitri si pone come suggestiva e fluida dimensione spirituale e onirica, in Centenari diventa attivatrice di nuove relazioni alchemiche tra i materiali e gli oggetti, in Duff messa in crisi dei paradigmi narrativi e dei codici di lettura dello spazio e del tempo.

La dimensione dell’uomo è al centro dell’indagine di Andrea Francolino (Bari, 1979): a Spazio Contemporanea la crepa è immagine ricorrente, declinata in molteplici dimensioni e diversi materiali, dalla terra al cemento al vetro, e interpretata nella sua funzione positiva e rigenerante come segno e direzione di una nuova possibilità, di un riscatto dell’uomo e della sua storia.

Gli oggetti e gli interventi di Giovanni Oberti (Bergamo, 1982) minano il rapporto consueto con la quotidianità e intervengono con poetica inquietudine negli ambienti dell’Ateneo di Palazzo Tosio: l’artista da sempre trova nella poetica delle cose più semplici una potente empatia che lo porta a riattivarne la capacità meravigliante.

Rigoroso e metafisico, il lavoro sul colore e la relazione tra superficie, supporto e metodologia del dipingere caratterizza l’intera ricerca di Paolo Iacchetti (Milano, 1983) al quale sono assegnate le sale degli Scacchi al MO.CA: qui saranno presentate le sue ultime opere pittoriche che sviluppano la sua ricerca “dentro” la materia della pittura in reticolati complessi: alcuni distesi e ariosi, quasi attraversati dallo spazio, altri decisamente più chiusi su se stessi, risultato di segni colorati sovrapposti.

Infine, negli spazi carichi di memoria della Fondazione Vittorio Leonesio, a Puegnago del Garda, Rob Mazurek (Jersey City, New Jersey, USA, 1965), musicista e compositore di fama internazionale, presenta un'opera composita che racchiude installazione, pittura, scultura, suono, unendo chiarezza neo-espressiva e materialità densa, a volte in collisione corrosiva, altre volte in totale armonia, modellando luce, superficie, colore e linea. Nel corso dell’inaugurazione Gabriele Mitelli, musicista sodale di Mazurek, eseguirà “Un solo”. “Appropriarsi di uno spazio e del sentire di chi lo abita in quell’istante, il solo del musicista e performer bresciano non è un concerto e neanche una performance ma l’occupazione di uno spazio fisico ed emotivo, il tentativo di ricreare la propria intimità e raccontare la propria storia tramite il suono, il rumore, cercando di ritrovare il proprio essere nel contatto diretto con le persone, i muri e le opere, che ne determinano la struttura”.Lucia Pescador (Voghera, 1943) interviene con la sua narrazione iconica: il suo è un archivio di oggetti e immagini, storie e sogni, donato al pubblico come un diario che si sfoglia sala dopo sala, sulle pareti e tra gli arredi dello spazio ospitante.

 

 

MECCANICHE DELLA MERAVIGLIA 14

Da un’idea di e con la regia di Albano Morandi

 

Paolo Iacchetti

Caso e astrazione

A cura di Elena Di Raddo

 

Paolo Iacchetti (Milano, 1953. Vive e lavora a Milano).

La mostra pone l’accento sulle ultime opere pittoriche di Paolo Iacchetti, che sviluppano la sua ricerca “dentro” la materia della pittura in reticolati complessi: alcuni distesi e ariosi, quasi attraversati dallo spazio, altri più decisamente chiusi su se stessi, risultato di segni colorati sovrapposti. Nelle sale di MO.CA Centro per le nuove culture, verranno presentate poche opere, scelte dall’artista stesso e calibrate in modo tale da ottenere non una semplice esposizione, ma una sorta un percorso in cui vivere intensamente l’esperienza della visione dell’opera. Ogni dipinto è infatti una “storia” concreta del rapporto tra pittura e spettatore, con al centro, appunto, l’esperienza della visione. Iacchetti per spiegare il suo lavoro, quello recente, ma non solo, fa riferimento al “tempo esperienziale” di duchampiana memoria. L’aspetto concettuale dell’arte è del resto il tema di fondo del suo lavoro. La pittura per Iacchetti deve “avere al suo interno un cuore di diamante”, un nocciolo duro: “è una metafora che deve contenere una forza interna, emanativa di senso”. Nel percorso ideato per questa occasione lo spettatore sarà invitato, appunto, a questa esperienza del nucleo della Pittura. La mostra non sarà un’antologica dell’artista, ma la sua creazione di immagini in un luogo, che lo trasformano, lo plasmano o lo vivificano attraverso lo sguardo del visitatore.

 

 

Sedi e artisti

Brescia, 12 settembre-11 ottobre 2020

  • Museo Diocesano di Brescia:

- Filippo Centenari (Cremona, 1978). Fratture, a cura di Alessia Belotti, Melania Raimondi e Camilla Remondina
- Giulio De Mitri (Taranto, 1952). Visioni inaspettate, a cura di Ilaria Bignotti
- Arthur Duff (Wiesbaden, 1973). Origo, a cura di Ilaria Bignotti

 

  • Spazio Contemporanea: Andrea Francolino (Bari, 1979). Queste lunghe soglie mutevoli,a cura di Ilaria Bignotti

 

  • Palazzo Tosio, Ateneo di Brescia: Giovanni Oberti (Bergamo, 1982). Autobiografia di riflessi e polvere a cura di Bianca Trevisan

 

  • MO.CA Centro per le nuove Culture, sale degli Scacchi: Paolo Iacchetti (Milano, 1953). Caso e Astrazione, a cura di Elena Di Raddo

 

Puegnago del Garda, 13 settembre-11 ottobre 2020

  • Leonesia - Fondazione Vittorio Leonesio:
    - Rob Mazurek (Jersey City, New Jersey, USA, 1965).Cosmic stacks, a cura di Mariacristina Maccarinelli
    - Lucia Pescador (Voghera, 1943). Herbarium, a cura di Alessia Belotti, Melania Raimondi e Camilla Remondina

 

 

Statement della Manifestazione

Questa proposta nasce dalla sistematica volontà di presentare sempre e comunque un prodotto artistico che ponga nello stupore il modo per attirare l’attenzione dello spettatore, una maniera nuova ed intelligente per definire un proprio senso di visibilità delle cose.
Un’occasione per riflettere sul senso dell’arte a prescindere dalle mode o dalle famiglie.

Situata fra lo sguardo già codificato e la conoscenza riflessiva, esiste una regione mediana che offre l’ordine nel suo essere stesso: potremmo chiamarla regione dell’evidenza evidente. Dove ci si può muovere senza tenere conto delle sovrastrutture che le culture hanno assegnato alle cose, alle parole, alle immagini.
E’ noto quanto vi è di sconcertante nella prossimità degli estremi, o anche semplicemente nella vicinanza improvvisa delle cose senza rapporto; l’enumerazione che le fa cozzare le une contro le altre possiede in se un potere d’incantesimo.

Le meccaniche della meraviglia ci riportano, almeno come affinità linguistica, al pensiero di Borges.
Le eterotopie (come quelle che troviamo tanto frequentemente in Borges) inaridiscono il discorso, bloccano le parole su se stesse, contestano, fin dalla sua radice, ogni possibilità di grammatica; dipanano i miti e rendono sterile il lirismo delle frasi. Minano segretamente il linguaggio, sconvolgono la sintassi che costituisce le frasi e che fa tenere insieme “le parole e le cose”.
Ho sempre fatto in modo che le opere degli artisti che stanno in queste mostre, appartenessero a quella che Foucault ha definito la quarta forma di somiglianza quella garantita dal gioco delle Simpatie e, naturalmente, di riflesso, delle Antipatie.
“La simpatia agisce allo stato libero nelle profondità del mondo...ma il suo potere è tale che essa non si contenta di scaturire da un solo contatto e di percorrere gli spazi; suscita il movimento delle cose nel mondo e provoca l’avvicinamento delle più distanti. Essa è principio di mobilità: attira le cose pesanti verso la gravezza del suolo e le cose leggere verso l’etere senza peso;
...La simpatia è una istanza del Medesimo di forza e urgenza tali da non contentarsi di essere una delle forme del simile: ha il pericoloso potere di assimilare, di rendere le cose identiche le une alle altre, di mescolarle, di farne svanire l’individualità, e dunque di renderle estranee a quello che erano. La simpatia trasforma...Proprio per questo la simpatia è compensata dalla sua figura geometrica l’Antipatia. Quest’ultima serba le cose nel loro isolamento ed impedisce l’assimilazione”(Foucault)
Rifugiandosi nella regione dell’“evidenza evidente” e trascinando con se lo spettatore, l’artista intende sottolineare una propria identità, una propria autonomia, indicare la strada dell’abbandono delle certezze, mostrare che ogni massificazione, ogni mondanità è bugiarda.
E’ un invito a dimenticare ciò che sappiamo ad affrontare un esercizio che ci abitui a far sì che l’occhio non serva solo a vedere e l’orecchio solo a sentire. La mano solo a toccare e il palato solo a gustare. Tornando a percepire le cose in maniera “totale”, tale da poterci permettere di “Toccare con gli occhi”.
In questo modo vogliamo sottolineare come l’arte non serva a costruire artifici ma a risvegliare nella visione comune potenzialità dormienti, entrare nella coscienza dello spettatore senza far violenza, con passo lento ma inarrestabile, guidandolo verso ciò che conosce ma che non ricorda di conoscere.
Ho sempre pensato a Beuys come padre spirituale della mia concezione sociale dell'arte, sempre mi riecheggiano in testa le parole che sottolineano come la più grande opera d'arte sia la realizzazione della "scultura sociale".
Per tornare ad avere una funzione sociale, l'artista deve trovare il modo di dedicarsi anche a questo Il progetto Meccaniche della Meraviglia vuole semplicemente inserirsi in questa forma di pensiero artistico.

 

Albano Morandi