LUCA SARA ROZSA
'Secrets'
A cura di Domenico de Chirico
 
In occasione della sua prima mostra personale in Italia intitolata 'Secrets', la giovane artista ungherese Luca Sara Rozsa, classe 1990 - attraverso questo nuovo ciclo di opere inedite realizzate per l'occasione, mediante un sapiente utilizzo sia di olio su tela sia di inchiostro su carta - si prefigge l'obiettivo di scandagliare il complesso e assai delicato significato della vita, in relazione alla natura dell'esistenza, ove mai questa viene impreteribilmente intesa come unico mezzo di realizzazione della propria individualita.
Indirizzata verso tutti quei sentieri arcani che odorano di libero arbitrio, ondeggiante tra la temporalita ciclica e il cosiddetto amor fati, nonché appellandosi al cosiddetto ciclo eterno della vita, Rozsa ripercorre le tappe sia dell'iconografia religiosa sia del simbolismo mitologico per poter meglio comprendere, secondo una prospettiva intimamente personale eppur perspicacemente innovativa, profonda e ampia, quella sequenza naturale che scandisce perpetuamente il ritmo alternato delle stagioni, corrispondenti alle fasi di crescita, declino e rinascita. Per l'appunto, quest'idea di eterno ritorno suggerisce che l'universo e tutti gli eventi ad esso correlati si ripetono infinite volte. Difatti, il pensatore tedesco Friedrich Nietzsche utilizza questo concetto per far fronte alle nozioni tradizionali di moralita, invitando gli individui a vivere la propria vita come se potessero ripetere volontariamente e vivamente ogni momento per l'eternita. Così facendo, ci si trova dinanzi alla possibilita di abbracciare pienamente la vita stessa, accettando sia le esperienze gioiose sia quelle infauste poiché entrambe contribuiscono al pieno compimento dell'esistenza. Invero, Nietzsche stesso, nel suo libro di aforismi "La gaia scienza" del 1882, seguendo la linearita del tempo secondo lo schema passato-presente-futuro, afferma che: «questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sara in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovra fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!». A tal proposito, una delle immagini più celebri legate a questo assioma si trova nelle opere del filosofo romano Marco Aurelio, rintracciabile nei suoi "Pensieri", ivi egli considerava gli individui come "grani di polvere", impercettibili e minuscole particelle sparpagliate nell'immensita dell'universo.
Questa prospettiva riflette il concetto di equanime autenticita e incoraggia l'individuo a riconoscere la propria piccolezza di fronte alla complessa vastita dell'universo. Ed è sulla base di tutti questi presupposti che Rozsa genera questo personalissimo e vivido affresco, intriso di rimandi ancestrali e di vezzi avveniristici, particolarmente muliebre, talvolta lezioso talaltra autentico, perfettamente in armonia con lo spirito apollineo e con il dionisiaco e bilanciato tra le correnti di pensiero occidentali e orientali.
Qui, completamente immersi nella ciclicita della vita, da intendersi come uno spazio di eterno infinito, ivi l'hic et nunc non esita a fondersi amabilmente con la natura, figure enigmatiche si bagnano, si abbracciano, si nutrono o oziano, assumendo pian piano le sembianze di meravigliosi mammiferi - accarezzati da una flora onnipresente e segnatamente verdeggiante - di cui si possono udire i flebili e ammalianti canti. In ambito artistico, questi sono spesso presenti nelle rappresentazioni simboliche e mitologiche, la dove possono essere utilizzati per rappresentare qualita umane, stati emozionali o concetti astratti. In generale, la loro presenza riflette il nostro profondo legame con il regno animale e rimarca la nostra continua fascinazione per la sua bellezza, diversita e mistero.
Orbene, la pittura di Rozsa, particolarmente incentrata sugli esseri umani, ci invita a deporre quella maschera che a stento ci consente di respirare così da poter finalmente mostrare il volto, lasciandolo così libero di scrutare il mondo circostante così come appare. In tal modo, possiamo comprovare il nostro amore nei riguardi di noi stessi, degli altri, di tutto ciò di cui è fatta la vita, natura compresa, e della vita stessa.
Così, mentre Rozsa dipinge i suoi scenari idillici, conferendo a queste figure mitologiche la facolta di poter andare sempre di più oltre lo stato di fatto delle cose, esalta la vita, intesa principalmente come forza vitale energetica e fenomeno spirituale, al di la del suo aspetto biologico materiale, facendosi, così, messaggera di un'inedita e particolarmente intensa forma di vitalismo. Le figure dei suoi dipinti sono mammiferi che hanno mangiato dall'Albero della Conoscenza. Una volta espulse dal Paradiso, vengono catapultate nell'oscurita del loro destino, talvolta affrontandolo con rassegnazione talaltra cercandone impavidamente il senso. Oscillanti tra luce, chiarezza, misura e forma e tra notte, ebbrezza e caos, le vigorose pennellate di Rozsa, allontanandoci dal tronfio individualismo, non fanno altro che generare una passione condivisa, dicendo sì alla vita.
Quando dipinge, cerca una sorta di iconicita, un congelamento del tempo e dello spazio, qualcosa che suggerisca permanenza, consapevole del fatto che questo mondo, così fortemente dinamico, costantemente attivo ed esageratamente stimolante, lascia poco spazio ai silenti segreti. Probabilmente, all'interno di questo mistero risiede il vero scopo, il significato della vita e, più in generale, la sua essenza. Pertanto, mentre alcune delle immagini in mostra animano aprioristicamente lo stato basilare della conoscenza dello spazio metafisico, altre mostrano lo stato a posteriori dell'acquisizione della conoscenza stessa, sottolineandone il momento topico della trasformazione. Inoltre, un elemento piuttosto ricorrente nella sua pratica pittorica risiede nel fatto che alcune immagini evocano certi tòpoi dell'iconografia cristiana. Difatti, in 'Secrets', ha consapevolmente incluso rimandi alle storie del Battesimo e del conseguente tradimento di Giuda insieme a quelli legati alla Madonna del Latte. Invero, il rito di "purificazione" sulle rive del fiume Giordano è il classico racconto della trasformazione, il tradimento di Giuda - il quale rivela il segreto dell'identita del Messia - è, per antonomasia, il racconto emblematico della redenzione di Cristo e la Madonna del Latte costituisce inconfutabilmente un simbolo ancestrale, laddove la madre riversa nel figlio l'energia della sua vita, dando un senso compiuto finanche alla sua stessa vita. Così, a partire da tutti questi esempi, col fine di sottolineare ulteriormente l'importanza del creato, la storia dell'evoluzione continua a dimostrare che ciascuno di noi esiste per garantire continuita all'Albero della Vita, simbolo intriso di significato che, a sua volta, nonostante continui ad essere reinterpretato e adattato attraverso le generazioni e le culture, mantiene instancabilmente come tema centrale quello di rappresentare la vitalita, la connessione e la saggezza universale.
Con 'Secrets', Luca Sara Rozsa suggerisce di lavorare sulle testimonianze fisiche del nostro essere così da mantenere viva la nostra immagine, dal momento che la permanenza del mondo e la temporalita delle nostre vite mostrano un contrasto così grande che è quasi impossibile da comprendere. Qui, ciò che si desume è che la vera difficolta sta nel trovare il posto giusto. Ed è così che le figure si ergono gentilmente di fronte agli orizzonti sconfinati di paesaggi naturali inesplorati: orbene, tutte, ciascuna a proprio modo, hanno compreso qualcosa di eterno, poiché, come fraseggiava la poetessa polacca Wisława Szymborska nella sua poesia "Nulla due volte": «Non c'è giorno che ritorni, non due notti uguali uguali».
 
Domenico de Chirico