SELECTED BOOKS AND CATALOGUES

2013

Jerry Zeniuk – elementary painting, Katalog zur Ausstellung 2012 – 2014 in der Staatsgalerie moderne Kunst im Glaspalast Augsburg, eine Zweiggalerie der Pinakothek der Moderne, München, Text von Corinna Thierolf (engl. u. Dtsch).

2008
Jerry Zeniuk – small format, Katalog zur Ausstellung in der Galerie Rupert Walser, München.

2005
Jerry Zeniuk – Farbe in Freiheit, Katalog zur Ausstellung im Kunstverein Lippstadt, Text von Erich Franz.

2003
Jerry Zeniuk, Aquarelle 1974 – 2003, Katalog zur Ausstellung in der Staatlichen Kunsthalle Karlsruhe,Texte von Ariane Mensger und Gert Reising.

2002
Jerry Zeniuk, Prints, Katalog zur Ausstellung der Galerie im Rathaus Wolnzach
Werkverzeichnis der gesamten Druckgrafik 1974 – 2002, Text: Interview zw. Gert Reising, Jerry Zeniuk u. Rupert Walser.

2001
Jerry Zeniuk, Watercolors, Katalog zur Ausstellung des Oldenburger Kunstverein, Text: Interview zw. Corinna Otto u. Jerry Zeniuk
Jerry Zeniuk, Italia, Katalog zur Ausstellung in der Galerie Rupert Walser.

1999
Jerry Zeniuk, Oil and Water, Katalog Kunstmuseum Winterthur, Lenbachhaus München, Kunstsammlungen Cottbus, Texte von Dieter Schwarz, Perdita von Kraft, Marianne Heinz, Ulrich Wilmes, Wilhelm Warning und Jerry Zeniuk, Neue Galerie Kassel.

1996
Jerry Zeniuk, New York – München, Lawrence Markey, New York mit Galerie Rupert Walser, München.

1994
Jerry Zeniuk, Dachaubilder, Neue Galerie Dachau
Jerry Zeniuk, zweiter Katalog, der Galerie Rupert Walser, München.

1993
Jerry Zeniuk, Watercolors 1991/1992, Kuenstlerwerkstatt Lothringerstraße, München.

1991
Jerry Zeniuk, erster Katalog der Galerie Rupert Walser, München.

1990
Jerry Zeniuk, Bilder Paintings 1971-1989, Kunsthalle Bremen, Kunstmuseum Winterthur, Text von Dieter Schwarz und Marianne Heinz dtsch. u. engl.

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Pitture assolute. Giorgio Griffa, Tomas Rajlich, Jerry Zeniuk

Flaminio Gualdoni

 

“Bisogna ricordarsi che un quadro, prima di raffigurare un cavallo in battaglia, una donna nuda o un aneddoto qualsiasi, è in primo luogo una superficie piana ricoperta di colori assemblati con un certo ordine”1, aveva scritto Maurice Denis già nel 1890. E poco prima Paul Sérusier aveva dipinto il leggendario Le Talisman, che proprio Denis possiederà per molti anni.

È, quello, il primo momento in cui la pittura intuisce che la questione non è nemmeno un astrarre possibile rispetto alla sua tradizione iconografica stratificatissima, ma molto più: è pensare la pittura in quanto pittura, il dipingere in quanto atto autofondato e autosufficiente. Si delucida qui, è stato scritto, ciò che mutatis mutandis apparve chiaro già ai tempi d’esordio dei Carracci, “una nuova coscienza, che è coscienza critica dell’operare. Nasce qui, insomma, una concezione eminentemente critica dell’atto creativo”2.

In altri termini, la raison d’être della pittura non è il suo cosa (il rappresentato), e neppure il suo come (la presunzione di stile), ma il suo essere in se stessa un cheiropoieton assoluto (all’opposto del mito dell’acheiropoieton, la fissazione per misteriose vie metafisiche dell’immagine di Cristo “non fatta da mano umana”, quindi fondativamente autentica perché non artificiosa), una cosa fatta dalle mani dell’artista e nascente dal processo lucido di scrutinio intellettuale del suo stesso essere pittura.

Cioè qualcosa che trascende la teoria stessa, si fa posizione che scarta dalle genealogie certificate, per molti versi se ne sottrae ad altro mirando, a un’operazione pittorica che possa dirsi, in se stessa, assoluta.

Ciò vale per i pochi, tra gli esponenti della stagione straordinaria degli anni settanta, il cui percorso non si esauriva nella New Abstraction, nutrita di un “conceptual approach to painting”, già intuita nel 1963 da Ben Heller3, peraltro fondata sul valorizzare l’aspetto di mentalizzazione dei processi4, e non si poneva più il problema dell’astrazione non oggettiva e neppure quello, a sua volta per certi versi già ampiamente esplorato, della monocromia5, ma ad altro puntava.

In questa occasione si presenta l’opera di tre pittori il cui percorso pluridecennale trascende, pur mantenendosi fedele alle scelte di fondo, le contingenze specifiche di quella che è stata variamente indicata come “Analytische Malerei”, “Geplante Malerei”, “Fundamental painting”, eccetera, che pure li ha visti protagonisti6, in cerca d’un altro valore possibile di assoluto.

Essi sono Giorgio Griffa (1936), Tomas Rajlich (1940) e Jerry Zeniuk (1945). Generazionalmente, questi artisti maturano nella stagione in cui il non rappresentare non è più in questione, ma non ammettono nemmeno che l’oggetto pittorico possa ridursi ad algido esercizio dimostrativo di un pensiero altrimenti allogato, secondo la declinazione del concettualismo che tende inizialmente a prevalere. Il loro fare pittura si vuole esperienza effettiva, piena, coinvolgente la loro totalità fisica e intellettuale, priva ovviamente d’ogni tensione irrazionale di Nervenkunst ma intesa come momento effettivo di auscultazione profonda delle materie, dello spazio, del tempo specifico in cui si danno i fatti pittorici.

[...]

Dall’idea di spazio/colore muove per altro verso Jerry Zeniuk, che dopo gli esordi newyorkesi di presenta in Europa con una personale da Peccolo a Livorno nel 1974. L’idea di monocromia da cui egli muove alla metà degli anni settanta prevede una stratificazione intensa di pigmenti e cera, poi di colori a olio, stesa con meticolosa ma non indifferente regolarità, di cui lasciare in vista gli aspetti di processualità e di interrogazione sistematica (memorabile fu Untitled Number 57, 1976, esposto l’anno dopo a “Documenta 6”14) ma mirando a definire un clima cromatico sospeso, un tono portato ai limiti del disagio sensibile. Da fine decennio, trascorso il tempo della stringente definizione d’area che lo inquadrava, ecco la modalità dei tocchi pittorici tramarsi in modo più sensibile rispetto all’evidenza uniformante delle pennellate, dapprima immettendo sottili declinazioni di un tono tendenzialmente unico, poi stratificando tonalità diverse e saturando comunque lo spazio della visione. Fondamentalmente, ciò che da allora gli importa veramente è rendere evidente la coincidenza tra il massimo di esecuzione pittorica e il massimo di riflessività, ma sempre tenendosi a distanza da suggestioni come l’oggettualità della “cosa pittorica” e ragionando sulla qualità fondativa della bidimensionalità: “In the last hundred years many painters have experimented with the limits of the plane that contains the image. In logic, something cannot be true and untrue at the same time. In painting, no matter how three-dimensional something is, it wants to be flat and planar – or it shifts into the realm of sculpture […] Painting is true to the plane”15.

La questione alla base è quella del come vedere, della qualità e della ragione del vedere: “If you study painting, you see more. It is not that your eyes have gotten any better, rather it is because you have thought about and reflected on what you have seen. Seeing is a kind of visual thinking”.

Dunque, egli ha assunto la superficie del pittorico nella sua decantata accezione storica, come luogo in se stesso fisico di accadimenti, e rendendo la stesura delle taches una sorta di processo regolare stabilito in cerchi e punti di diversi colori, dimensioni, intensità, gradi di accuratezza, che instaurano una complessa dimensione spaziale sulla tela, in taluni casi di estensione smisurata16.

Non c’è progettazione preventiva, semmai una sorta di concentrazione pittorica definitiva che si esprime senza mediazioni: “Color releases emotions, and the pictorial space is a non-judgmental place that frames and contains these emotions so they may give access to a universal understanding. A masterpiece never seems to have been painted, but rather to have always existed”. Ed è una presenza concreta e insieme mentale, fisica e insieme emozionale. Soprattutto, è un’esperienza definitiva, puramente sostantiva, “timeless and timely”.

In questi autori, Griffa, Rajlich, Zeniuk, dunque, l’esperienza critica della pittura nell’atto stesso del fare pittura, libera ormai da ogni zavorra teorica e disciplinare, mira a distillarne e ritrovarne l’identità sorgiva, il grado di autonoma, indefinita ma precisa, flagranza.

Essa è l’assoluto, o meglio un’idea di assolutezza (se non si voglia utilizzare, più pianamente, il termine pertinente ma più equivocabile di bellezza) che costeggia umori filosofici senza farsene portavoce, condizione snudata in una interrogatività che giunge far risuonare una sorta di diapason interno, totalmente irrelato, del dipinto.

1 “Se rappeler qu’un tableau – avant d’être un cheval de bataille, une femme nue ou une quelconque anecdote – est essentiellement une surface plane recouverte de couleurs en un certain ordre assemblées”: M. Denis, Théories 1890-1910, III ed., Bibliothèque de L’Occident, Paris 1913, p. 1.

2 A. Emiliani, La tecnica di Annibale e di Agostino nel periodo bolognese, in Les Carrache et les décors profanes, Actes du colloque de Rome (2-4 octobre 1986), École Française de Rome, Roma 1988, p. 6.

3 Toward a New Abstraction, catalogo della mostra, a cura di B. Heller, The Jewish Museum, New York, 1963.

4 Già Ad Reinhardt, Twelve Rules fo a New Academy, in “Art News”, vol. 56, n. 3, maggio 1957, pp. 37-38, 56, scrive: “Everything, where to begin and where to end, should be worked out in the mind beforehand”.

5 Per un discorso complessivo cfr. D. Riout, La peinture monochrome, édition revue et augmentée, Gallimard, Paris 2006.

6 Un eccellente repertorio di quella stagione è I colori della pittura, catalogo della mostra, a cura di I. Mussa, Istituto Italo – Latino Americano, Roma 1976.

7 P. Fossati, Griffa tra empiria e funzionalità, in Giorgio Griffa, catalogo della mostra, galleria Martano, Torino 1968.

8 Giorgio Griffa, catalogo della mostra, testo dell’autore, galleria Claudio Bottello, Torino, aprile 1975.

9 Giorgio Griffa. “Matisseria” e altri lavori, catalogo della mostra, testo di F. Gualdoni, galleria Martano, Torino, 1982.

10 Fundamentele schilderkunst : Fundamental painting, catalogo della mostra, a cura di E. De Wilde, testo di R. Dippel, Stedelijk Museum, Amsterdam, 1975.

11 Tomas Rajlich, catalogo della mostra, a cura di H. Paalman, Schiedams Museum, Schiedam, 1971; Tomas Rajlich, catalogo della mostra, a cura di H. Locher, Haags Gemeentemuseum, Den Haag, 1971.

12 P. Peters, Struktura nebo poesie?, in Tomas Rajlich : Kesby / Drawings : 1965-1976, catalogo della mostra, Galerie Zámek Klenová, Klatovy, 1997.

13 F. Gualdoni, Pitture di Rajlich, in Tomas Rajlich. Opere 1969-1993, catalogo della mostra, a cura di F. Gualdoni, P. Peters, Nuovi Strumenti, Brescia 1993.

14 Testi fondamentali sulle opere di quel periodo sono A. Pohlen, Jerry Zeniuk: Malerei, in “Kunstforum International”, 35, mai 1979, e Jerry Zeniuk. Bilder. Paintings. 1971-1989, catalogo della mostra, a cura di S. Salzmann, Kunsthalle Bremen, Kunstmuseum Winterthur, 1990.

15 Questa, e le citazioni successive, si leggono in J. Zeniuk, How to Paint, a cura di H. Liesbrock, Sieveking, München 2017

16 Jerry Zeniuk Paintings: Not for your living room, testi di A. Klar, J. Daur, L. Romain, E. Bergner, P. Forster, Kehrer, Heidelberg 2014. Nel 2001 a Mainz l’artista ha realizzato un dipinto di quattro metri per otto, ad esempio.

 

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La Municipalità di Genova da sempre molto sensibile alla promozione e diffuzione del proprio patrimonio culturale, in passato ha più volte avuto il piacere di patrocinare eventi realizzati da ABC-ARTE. E' importante in questo contesto menzionare le mostre personali di Giorgio Griffa (Esonerare il mondo) e Tomas Rajlich (Fifty years of Painting) che avevano l'obiettivo di approfondire nello sviluppo delle loro lunghe carriere, i lavori dei due artisti e farli conoscere ai tanti concittadini, studenti ed appassionati di arte contemporanea. 

Questo libro, e la relativa mostra indagano il percorso di tre dei più importanti esponenti della Pittura Fondamentale o Pittura Analitica.

La città di Genova sta focalizzando il proprio lavoro anche sulla valorizzazione e sulla promozione turistica e territoriale delle proprie straordinarie ricchezze culturali e paesaggistiche. L'offerta culturale della Città trova i suoi punti di forza anche negli eventi culturali di qualità come Pitture Assolute, che ha l'obiettivo di mettere a fuoco un importante momento di fermento culturale del secondo dopoguerra, in cui le avanguardie internazionali (Nul, Azimut, Zero tra le più famose) hanno potuto sviluppare le proprie ricerche e tracciare percorsi chiave per la storia dell'arte contemporanea ed italiana. 

Rivolgo un sentito ringraziamento ad ABC-ARTE, una delle gallerie più autorevoli della nostra città ed a tutti coloro che a vario titolo hanno reso possibile la realizzazione di questa mostra a Genova, da sempre custode di un immenso patrimonio aristico e culturale.

 

Marco Bucci

Sindaco di Genova

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ABC-ARTE prosegue il percorso di indagine ed approfondimento sul tema della Pittura negli anni '70 con le più importanti avanguardie europee e i loro protagonisti. La Pittura Analitica nel tentativo di smentire la morte dell'arte e riflettendo sulle ragioni di operare in arte tramite l'atto specifico del dipingere, ha saputo imporsi a livello internazionale con nuove proposte ed un ritorno alla poesia del colore e della materia. 

Dopo il libro su La Pittura in sé/The Painting itself, collettiva degli artisti Pino Pinelli, Ulrich Erben e Claude Viallat, quello sulla mostra personale di Giorgio Griffa intitolata Esonerare il mondo e Fifty years of Painting dedicato allapersonaledi Tomas Rajlich, questo libro mette a confronto i percorsi paralleli di tre artisti che sono stati protagonisti delle esperienze storiche della Fundamental Painting e della pittura radicale (o Analitica). 

Giorgio Griffa ha un modo di dipingere, che pone l'accento su elementi considerati sostanziali quali il colore, lo spazio e la composizione. Le sue tele sono libere, non costrette dal telaio, pronte alla conquista dello spazio. In questa rappresentazione immediata, essenziale e luminosa, Griffa traccia linee che rimandano alla lunga memoria dell’uomo, mantenuta viva grazie alla pittura, trait d'union tra conoscenza presente e passata. 

Rajlich è fondatore del gruppo avanguardista praghese Klub Konkretistů, che si pone nella scia delle neoavanguardie internazionali incarnate da Azimut in Italia e da ZERO in Germania, ed in Olanda ha potuto confrontarsi con le teorie della neoavanguardia del gruppo Nul. Le sue opere, saldamente ancorate alla ricerca delle radici della Pittura, spiccano dotate di una matericità che si fa simbolo e metafora della sostanza fisica e di misuratissima gestualità. 

La Pittura di Jerry Zeniuk è apprezzata a partire dagli anni Settanta, da quando egli partecipa (insieme anche a Tomas Rajlich, Jaap Berghuis, Jake Berthot, Louis Cane, Gerhard Richter, Robert Ryman, Kees Smits tra gli altri) alla memorabile mostra collettiva del 1975 intitolata Fundamental Painting, allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Nella Pittura di Zeniuk il Colore è un aspetto fondamentale, e la Bellezza, fisica e visiva, è il fine da raggiungere. Secondo Zeniuk i colori non sono solo portatori di emozioni, ma la loro interazione è in grado di riflettere anche le relazioni sociali e, più in generale, umane. 

Gli artisti documentati in questo libro sono esempi eloquenti di un atteggiamento che ha travalicato le cronache artistiche degli anni '70 per farsi, negli sviluppi sino a quelli odierni, esperienza singolare e definitiva. Li lega la fedeltà alla Pittura nella sua essenza specifica di medium, ed il sottrarsi a ogni teoricismo per assettarsi in un grado di mentalizzazione e di concentrazione operativa alto e agguerrito.

 

Antonio Borghese

Head consultant & director, ABC-ARTE