Arnaldo Pomodoro nasce a Morciano di Romagna il 23 giugno 1926. Dopo pochi mesi la famiglia si sposta a Orciano di Pesaro, nelle Marche, dove Arnaldo trascorre l’infanzia. A Rimini frequenta la scuola media e l’istituto Tecnico per Geometri. Dalla fine degli anni quaranta lavora al Genio Civile di Pesaro per la ricostruzione degli edifici pubblici, entrando così in contatto diretto con la realtà italiana del dopoguerra.Insieme al fratello Gio’ e a Giorgio Perfetti forma, nel 1952, il gruppo 3P, e con loro realizza gioielli, monili e oggetti d’uso. In questi anni frequenta l’Istituto d’Arte a Pesaro, manifestando uno spiccato interesse per la scenografia, e partecipa a diverse edizioni della “Mostra Nazionale di Scenografia e Allestimenti teatrali” che hanno luogo nel Ridotto del Teatro Rossini.

Trova in biblioteca un libretto con i disegni di Paul Klee e ne resta affascinato: «Mi venne una volta in mano una di quelle piccole e preziose edizioni: vidi alcuni paesaggi di Klee e la sua Testa di Bob. Fu per me un’esplosione […]. Insomma scopro il mondo di Klee e mi ci butto a capofitto, e dal ’53 fino al ’60 ciò mi determina»iracconterà in seguito.

 

Fin da giovane si appassiona alla lettura di autori contemporanei italiani e stranieri (Vittorini, Pavese, Hemingway, Faulkner, Steinbeck, Fitzgerald…), di testi teatrali classici e moderni e dei romanzi di Kafka.

Arrivato a Milano nel 1954 frequenta gli artisti e gli intellettuali che in quegli anni animano la vita culturale della città: con alcuni di essi, tra cui Fontana, Baj, Dangelo, Sanesi, Mulas, inizia un rapporto di amicizia e di scambio intenso e stimolante. In seguito ha modo di approfondire il suo interesse per la letteratura americana direttamente con la conoscenza di Fernanda Pivano prima, di Kerouac, Ginsberg e dei poeti della Beat generation poi, in occasione dei numerosi viaggi negli Stati Uniti, dove trascorre lunghi periodi ed è chiamato a insegnare nelle università di Stanford, Berkeley, Mills College.

Nel 1956, conclusa l’esperienza del gruppo 3P, Arnaldo tiene la sua prima personale alla Galleria del Naviglio di Milano. Partecipa alla Biennale di Venezia. Seguono diverse mostre che mettono in evidenza la sua ricerca artistica tra segno e materia con opere che sono piccoli rilievi in argento e piombo coperti di segni leggeri e ritmici, un tracciato di nodi, punti e fili, a formare una sorta di scrittura arcaica e illeggibile, che Leonardo Sinisgalli aveva definito «sconcertante, densa di un fascino nuovo, quasi magnetico»ii.

La letteratura e la poesia occupano un posto importante nel percorso artistico di Pomodoro: nella sua prima mostra alla Galleria dell'Obelisco di Roma nel 1957 espone lavori dedicati a poeti e scrittori: Eliot, Kafka, Kierkegaard. Opere come Tavole dei segni,Orizzonte, Tavole del matematico e dell’agrimensore, Colonne del viaggiatore che Guido Ballo descrive come «tagli d’infinito»iii, presentano una ripetizione ritmica del segno plastico in verticale e in orizzontale e sono costruite con ritmo monodico che sembra ripetersi all’infinito, anche se materialmente hanno un limite.

La frequentazione con scrittori, poeti e intellettuali, oltre che con gli artisti, è una costante nella vita di Arnaldo: alcuni di loro diventano amici carissimi e compagni di tante comuni iniziative culturali. Ne è prova la serie delle Cronache – dedicate in particolare a Ugo Mulas, Gastone Novelli, Paolo Castaldi e Francesco Leonetti – che, nelle parole di Giovanni Carandente, «sono pagine di un diario quasi privato e segreto, comunque familiari per l'intimità del rapporto, perciò anche divenute lampanti testimonianze all'Amicizia. La cultura formale dell'artista, le sue antiche scelte, i suoi teoremi dello spirito sembrano essersi raggrumati su questi fogli e così la memoria patetica del tempo e della consuetudine, riaffioranti come brani dell'esistenza.»iv

 

Nel 1959, grazie a un premio di studio del Ministero degli Affari Esteri, si reca per la prima volta negli Stati Uniti dove incontra gli scultori David Smith e Louise Nevelson e organizza una mostra di artisti italiani con il titolo “New Work from Italy” che avrà luogo nel 1961 alla Bolles Gallery. Al MoMA di New York vede la saletta di Brancusi e ne rimane “folgorato”: le opere di Brancusi saranno molto importanti per lo sviluppo del suo lavoro di scultore.

Dagli anni sessanta inizia a lavorare sui solidi della geometria euclidea, operando corrosioni e squarci con l’intento di rompere la perfezione della forma per «scoprirne (cercarne, trovarne) le fermentazioni interne, misteriose e viventi, mostruose e pure»v.La contrapposizione formale tra la levigata perfezione della forma geometrica e la caotica complessità dell’interno sarà d’ora in poi una costante nella produzione di Pomodoro.

Nel 1962 partecipa alla mostra “Sculture nella città”, organizzata da Giovanni Carandente, nell’ambito del Festival dei due Mondi di Spoleto, con la sua prima scultura volumetrica in ferro, La Colonna del viaggiatore, realizzata nell’officina Italsider di Lovere.

Nel 1963 realizza la sua prima sfera, Sfera n. 1. Riceve il Premio Internazionale per la Scultura alla Biennale di San Paolo del Brasile. Nel 1964 ha una sala personale alla XXXII Biennale di Venezia, dove ottiene il Premio Nazionale di Scultura. Qui, come a San Paolo, sono significative le sfere e le colonne fuse in bronzo con perforazioni e lacerazioni interne: Gillo Dorfles in uno scritto ne definisce la «spazialità negativa»vi. Nel 1965 espone per la prima volta a New York, ottenendo uno strepitoso successo di critica e di pubblico: Frank O'Hara gli dedica una poesia, Trireme, la rivista “Time” pubblica un’intera pagina sul suo lavoro e il MoMA acquisisce la Sfera n. 1.

 

Nel 1967 per il padiglione italiano all’Expo di Montreal realizza un’opera di tre metri e mezzo di diametro, Sfera grande, ora a Roma di fronte alla Farnesina: è il passaggio alla grande dimensione. Questa è la prima delle numerose opere presenti in spazi pubblici di tutto il mondo, progettate in relazione allo spazio circostante e al contesto urbano o naturale dove si devono inserire. Nelle piazze di molte città (Milano, Honolulu, Copenaghen, Brisbane, Los Angeles, Darmstadt…), di fronte al Trinity College dell’Università di Dublino, al Mills College in California, di fronte alle Nazioni Unite a New York, nella sede parigina dell’Unesco, nei parchi sculturali della Pepsi Cola a Purchase e dello Storm King Art Center a Mountainville, poco distanti da New York City. «L’ideale è per me – ripeterà in più occasioni Pomodoro – ambientare le mie opere all’aperto, tra la gente, le case, le vie di tutti i giorni. La scultura diventa così il modo di mutare il senso di una piazza, di un ambiente e di inventare uno spazio nuovo»vii. A titolo esemplificativodi tale affermazione si dà qui conto della genesi di alcune opere fondamentali realizzate in tempi diversi.

Colonna a grandi fogli è una scultura del 1975 collocata su uno specchio d’acqua di fronte alla sede della casa editrice Mondadori a Segrate, studiata in rapporto alla nuova architettura di Oscar Niemeyer. L’opera, che è un “monumento” alla comunicazione con la sua forza di verità e le sue contraddizioni, si presenta come «un triangolo in espansione, quale è quello rintracciabile nella radice o supporto dell’insieme, che nel suo sviluppo verticale e dimensionale evidenzia una potenzialità di torsione, perché i tre fogli che proietta risultino non già superfici fisse ma estensioni movimentate».viii Per il Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, invece, nel 1990 progetta e realizza una sfera con diametro di quattro metri, intitolata Sfera con sfera. Così racconta Pomodoro: «Dopo aver preso in esame ogni aspetto del luogo, facendo immagini, rilievi, prove, sono state le misure stesse dell’arco bramantesco, presente nel cortile, a indurmi a inserire la scultura nell’asse che prospetticamente si snoda sino a esso, in modo da entrare in quello spazio perfetto e quasi ripolarizzarlo».ix

Per celebrare il nuovo millennio nel 2000 gli viene commissionata una scultura da collocare a Roma. Arnaldo inizia a lavorare al modello di gesso della grande opera, alta ventun metri e larga alla base sette, intitolata Novecento,che sarà installata all’Eur, in piazzale Nervi nel 2004. La scultura ha la forma di spirale crescente e avvolgente, sempre più sottile, con un senso di progresso continuo che è insieme di uguaglianza e di elevamento.

Nel 2015 viene portata e termine l’opera The Pietrarubbia Group, una complessa struttura in progress nata nel 1975 con l’intento di far rivivere il borgo medievale di Pietrarubbia, allora quasi completamente abbandonato, situato nel Montefeltro poco distante dal paese natale di Arnaldo. Il gruppo scultoreo, inizialmente costituito di tre elementi, Il fondamento e L’uso (blocchi fissi e duplici)e Il rapporto (due porte girevoli e combacianti), cui si sono successivamente aggiunti i due pannelli della Quotidianità e infine gli ultimi due, Gli assoluti (uno dedicato al dolore, l’altro alla speranza), è una struttura orientabile e percorribile inserita nello spazio, come una macchina del tempo che catturi gli eventi accaduti in quel luogo, ne trasmetta le memorie e dia forma alle emozioni e ai pensieri da esse suscitati. Dopo essere stata esposta, per la prima volta nella sua totalità, a Milano in Piazzetta Reale nel 2016, The Pietrarubbia Group trova la sua collocazione ideale l’anno successivo nella Piazza dell’Ateneo Nuovo dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

 

Dalla metà degli anni sessanta sino ad oggi si susseguono innumerevoli esposizioni personali che danno conto del lungo cammino creativo di Pomodoro e delle molteplici letture critiche della sua opera. Una mostra itinerante di sculture all’aperto nei campus delle università americane, organizzata da Peter Selz e Tom Freudenheim, prende avvio da Berkeley nel 1970 e si conclude due anni dopo al Wadsworth Atheneum di Hartford, vicino a New York, cui seguiranno altre due importanti itineranti: nel 1983-1985 quella presentata da Mark Rosenthal che dal Columbus Museum of Art prosegue in diversi musei degli Stati Uniti e nel 1994-1995 quella, curata da Giovanni Carandente, che dall’Hakone Open-Air Museum di Kanagawa fa tappa in altri musei giapponesi.

L’antologica alla Rotonda della Besana di Milano nel 1974 è preparata con la collaborazione di Sam Hunter: l’allestimento di Ettore Sottsass mette in evidenza il precorso espositivo con grande fantasia e semplicità; il catalogo, curato da Massimo Vignelli, contiene i testi critici di Franco Russoli e dello stesso Hunter. Un’altra mostra memorabile è quella allestita nel 1984 sugli spalti e nelle sale della Palazzina del Forte di Belvedere di Firenze a cura di Italo Mussa. In quel caso le strette viuzze che conducono al Forte resero difficile farvi arrivare le sculture monumentali che furono trasportate in elicottero e la fotografia della Sfera grande sospesa nel cielo colpì Argan che così scrive: «Vedere, trasportare, sollevare, collocare quelle grandi forme simboliche spiega molte cose della loro genesi, è già un principio di interpretazione. Pomodoro ha una sua museografia di elezione, urbanistica ed ecologica. Tra le fotografie ce n’è una che mostra una grande sfera appesa a un elicottero. Che non sia questo, alla fine, il museo ideale di Arnaldo Pomodoro?»x

Per citare alcune altre mostre tra le più significative, in particolare si ricordano: l’esposizione di San Francisco del 1985 alla Stephen Wirtz Gallery, dal titolo “Intimations of Egypt” che presenta alcune opere nuove, tra cui i Cippi ei Papiri, nate dai ricordi e dalle suggestioni del primo viaggio in Egitto nel 1982; quella del 1997 dedicata a Cagliostro nella Fortezza di San Leo, con presentazione di Achille Bonito Oliva e due scritti inediti di Paolo Volponi; quella curata da Flaminio Gualdoni e Riccardo Prina che ha luogo nel 1998 a Varese, nel Castello di Masnago, nel Rettorato dell'Università dell'Insubria e in piazza della Repubblica; quella presentata a Parigi nei Giardini del Palais-Royal nel 2002 con testi di Pierre Restany e Jacqueline Risset; quella allestita nel 2008 negli spazi espositivi della Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano, a cura di Bruno Corà; fino alla grande antologica che nel 2016, per celebrare i 90 anni di Arnaldo, ha luogo a Milano nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, alla Triennale, al Museo Poldi Pezzoli e in un itinerario diffuso nella cittàche collega le opere presenti nei musei e negli spazi pubblici e privati.

Bisogna infine ricordare la mostra a Parigi nel 2019 alla Galerie Tornabuoni che presenta le opere più rappresentative del periodo 1955-1960, oltre ad alcune sculture più recenti tra cui le serie delle Aste cielari, delle Stele e dei Continuum.Accompagna la mostra una pubblicazione monografica, a cura di Luca Massimo Barbero, «È straordinario come un Maestro internazionalmente noto come Arnaldo Pomodoro – afferma Barbero – riservi a un occhio contemporaneo una sorpresa inventiva che risale alle sue origini, alla nascita di un universo plastico totalmente originale».xi

 

Nella pluralità di forme espressive che ha caratterizzato la ricerca di Pomodoro, diverse sono le opere ambientali realizzate nel corso degli anni, quelle che Gillo Dorfles ha definito «architettonizzazioni d’un ambiente naturale o d’un tessuto urbano»xii. Dal grande murale Omaggio alla civiltà tecnologica del 1962sulla facciata della Volkshochschule di Colonia e dal Progetto per il Cimitero di Urbino del 1973 scavato dentro la collina urbinate, poi non realizzato a causa di contrasti e problemi locali, a Moto terreno solare, la parete-scultura in cemento per il Simposio di Minoa a Marsala, dalla Sala d’Armi per il Museo Poldi Pezzoli di Milano, all’environment Ingresso nel labirinto, dedicato all’Epopea di Gilgamesh, fino al Carapace, la cantina di Bevagna realizzata per la famiglia Lunelli e inaugurata nel giugno 2012 e al Grande Portale Marco Polo collocato in prossimità del Padiglione Italia in occasione dell’Expo di Shanghai nel 2015.

 

Anche il lavoro teatrale occupa una parte importante nella sua attività: Pomodoro, riprendendo le prime esperienze di progettazione scenica degli anni pesaresi, realizza grandi ‘‘macchine spettacolari” per numerose messinscene, dalla tragedia greca al melodramma, dal teatro contemporaneo alla musica, sempre con una particolare attenzione alla rilevanza dell’elemento visivo in connessione con le interpretazioni e i significati culturali che pone il testo sia letterario che musicale. A partire dalla collaborazione con Luca Ronconi per Das Kätchen von Heilbronn di Kleist rappresentata sul lago di Zurigo nel 1972, attraverso le memorabili esperienze a Gibellina sui ruderi negli anni ottanta sino alla realizzazione delle scene e dei costumi per l’opera Teneke di Fabio Vacchi con libretto di Franco Marcoaldi, tratta dall’omonimo racconto di Yashar Kemal, in scena nella stagione 2007-2008 al Teatro alla Scala di Milano, con la regia di Ermanno Olmi e la direzione del maestro Roberto Abbado. Nel 2014 l’Istituto Nazionale del Dramma Antico (INDA), nella ricorrenza del centenario della sua istituzione, lo chiama a realizzare le scenografie e i costumi per i tre spettacoli messi in scena nel Teatro Greco di Siracusa: AgamennoneeCoefore-Eumenididi Eschilo,Le Vespedi Aristofane.

Una mostra di tutto il lavoro teatrale con modellini, scenografie e sculture ha luogo nel Palazzo Reale di Torino nel 2012. Nell’occasione esce il volume Arnaldo Pomodoro. Il teatro scolpito, curato da Antonio Calbi e edito da Feltrinelli e Fondazione Arnaldo Pomodoro, con molti scritti e un grande numero di immagini che mostrano i progetti scenici realizzati. Nel 2021 una catalogazione sistematica e analitica di tutto il lavoro teatrale dal 1952 al 2014 sarà messa on line nell’ambito della pubblicazione Arnaldo PomodoroCatalogue Raisonné, sezione Scenografia.

 

Dopo i citati premi alle Biennali di San Paolo e di Venezia nel 1963 e 1964, i molti riconoscimenti prestigiosi ricevuti nel corso degli anni testimoniano il ruolo primario di Arnaldo nel campo della scultura e dell’arte contemporanea.

Nel 1967 ottiene, insieme a Josef Albers, Francis Bacon, Victor De Vasarely, Joan Miró ed Eduardo Paolozzi, uno dei sei Premi Internazionali del Carnegie Institute di Pittsburgh e nel 1981 il Gran Premio Henry Moore dell’Hakone Open-Air Museum di Kanagawa.

Riceve il Praemium Imperiale per la scultura dalla Japan Art Association nel 1990, insieme a Leonard Bernstein per la musica, Federico Fellini per il cinema e il teatro, James Stirling per l’architettura e Antoni Tàpies per la pittura. Nello stesso anno vince il Premio UBU per le scenografie di La Passione di Cleopatra e I paraventi.

Nel 2008 è premiato dall’International Sculpture Center con il Lifetime Achievement in Contemporary Sculpture Award, famoso riconoscimento internazionale alla carriera di un artista.

Il Trinity College dell’Università di Dublino gli conferisce nel 1992 la laurea in Lettere honoris causa, cui seguirà nel 2001 quella dell’Università di Ancona in Ingegneria Edile-Architettura.

Nel 1993 è nominato Socio Onorario dell’Accademia di Brera di Milano e nel 1994 Accademico di San Luca. Nel 1996 gli viene conferita dal Presidente della Repubblica l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana.

 

Nel 1995 costituisce la Fondazione Arnaldo Pomodoro con il compito di garantire la conservazione e la valorizzazione della sua opera, dando vita a un'idea visionaria: creare uno spazio inventivo, quasi sperimentale, di studio e confronto sui temi dell'arte contemporanea, dalle esperienze delle avanguardie fino alle più recenti prospettive, mirando a un coinvolgimento, profondo e globale, con le persone e la società.

Negli anni la Fondazione ha ideato e realizzato mostre, eventi e iniziative di vario genere, con un’attenzione particolare alla ricerca dei giovani artisti. Ha istituito il Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura e realizzato il ciclo delle Project Room, affiancando sempre all'approfondimento scientifico attività divulgative ed educative capaci di entrare in dialogo con tutte le fasce di pubblico.

 

Oggi Pomodoro, nella sua più piena maturità, è spesso presente in studio, impegnato a riordinare le sue carte (taccuini, disegni, appunti) e a elaborare nuovi progetti. Prende parte attiva al lavoro per la valorizzazione dei materiali custoditi nell’archivio e per la pubblicazione del Catalogue Raisonné online di tutta la sua opera promosse dalla sua Fondazione.

 

 

A. Pomodoro, F. Leonetti, L’arte lunga, Feltrinelli, Milano 1992, p. 24.

i

ii L. Sinisgalli, in catalogo mostra “i 3P. Giorgio Perfetti, Giò e Arnaldo Pomodoro”, Galleria dell’Obelisco, Roma 1955.

 

iii G. Ballo, da La poetica del segno e la presenza continua. Arnaldo e Giò Pomodoro, Luigi Maestri editore, Milano 1962, pp. 22-24.

 

iv G. Carandente, in catalogo mostra “Arnaldo Pomodoro: Impressioni”, Galleria 2RC, Milano, 1978.

 

v M. Pistoi, Intervista ad Arnaldo Pomodoro, in “Marcatré”, Milano, 8-9-10, luglio-settembre 1964, p. 240.

 

viG. Dorfles, Arnaldo Pomodoro. Sculptor of the Cosmos, in “Studio International Art”, Londra, n. 852, aprile 1964, pp. 140-145.

 

viiA. Pomodoro, Lectio doctoralis, in occasione del conferimento della Laurea ad honorem in Ingegneria Edile-Architettura da parte dell’Università di Ancona, 4 dicembre 2001.

 

viii A. Pomodoro, intervento pronunciato in occasione dell’inaugurazione della Colonna a grandi fogli di fronte alla sede della Arnoldo Mondadori Editore, Segrate, 1975.

 

ix A. Pomodoro,Il mio cammino, in Forma, segno, spazio. Scritti e dichiarazioni sull’arte, a cura di S. Esengrini, Maretti editore, Falciano, 2014, p. 96.

 

x G. C. Argan, La portata e il significato della mostra..., in G. C. Argan, I. Mussa, Arnaldo Pomodoro al Forte di Belvedere, De Luca Editore, Roma, 1986.

 

xi L.M. Barbero, Arnaldo Pomodoro. Una tensione discordante, in Arnaldo Pomodoro 1955-65, a cura di L. M. Barbero, Forma Edizioni, Firenze, 2019, p. 8.

 

xii G. Dorfles, Arnaldo Pomodoro e lo spazio architettonico, in Arnaldo Pomodoro. Catalogo ragionato della scultura, Skira editore, Milano 2007, p. 16.